Scadono le concessioni comunali per l’attività estrattiva: per avere la proroga occorre lavorare nel distretto il 50% dei materiali estratti.
Nel distretto lapideo apuano è tornata d’attualità la (antica) discussione su come valorizzare la filiera produttiva, e dunque su come aumentare la ricchezza prodotta sul territorio e i posti di lavoro in un settore strategico per l’economia locale. E sono ripartite le polemiche sulla legge regionale n. 35 del 2015 che sta per spargere i primi potenti effetti, visto che prevede la decadenza di buona parte delle concessioni per l’attività estrattiva rilasciate dai Comuni di Massa e di Carrara tra poche settimane, il 31 ottobre 2023 (a sette anni dall’entrata in vigore della legge).
A quel punto le concessioni saranno messe – per la prima volta – in gara, a meno che il “vecchio” titolare garantisca (formalizzando l’impegno in una convenzione) la lavorazione di almeno il 50% del materiale da taglio nel sistema produttivo locale, ottenendo così una proroga fino a un massimo di 25 anni. L’impegno dovrà essere dimostrato attraverso un sistema di tracciabilità del prodotto. Lo stesso titolare – afferma l’art. 38 comma 6 della legge regionale – potrà impegnarsi anche a investire in un progetto d’interesse generale per il territorio che crei occupazione, migliori l’ambiente o le infrastrutture.
L’idea alla base della norma – che interessa soprattutto il Comune di Carrara dov’è concentrata la maggior parte delle cave – è che lavorare il marmo estratto all’interno del distretto, anziché esportarlo in blocchi grezzi per essere lavorato altrove (spesso in Cina e Brasile dove la manodopera costa meno), aumenti il valore aggiunto e dunque l’impatto positivo sull’economia locale. Ma politica, industria e sindacati sono divisi sulla bontà della cosiddetta “filiera corta”.
Fonte: t24.ilsole24ore.com