Marmo, la sindaca: «Da tempo al lavoro su sdemanializzazione delle fosse e la filiera corta»

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La preoccupazione di Confindustria: «Il lavoro che gli uffici dovranno portare a termine entro la scadenza del 31 ottobre è una grossa mole. Dovranno esaminare i progetti dell’articolo 21, fare la graduatoria, fare le convenzioni e poi dare le autorizzazioni: ora si aggiunge questa complicazione»

All’amministrazione costerà approssimativamente 100 mila euro secondo alcuni preventivi chiesti dalla sindaca Serena Arrighi, ma l’aspetto che preoccupa maggiormente al momento è la tempistica che prevede un periodo lungo di rilievi, si parla di mesi e mesi a causa dei quali si rischia di compromettere la scadenza del 31 ottobre 2023, quando scadranno le concessioni alle aziende del lapideo che dovranno essere rinnovate alla luce della nuova normativa e dei progetti relativi all’articolo 21 del regolamento degli agri marmiferi.

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Stiamo parlando della sdemanializzazione delle fosse naturali che si trovano all’interno dei bacini marmiferi e che dovrebbero essere, stando all’ufficio Marmo, circa 35.

Le ultime notizie discusse in commissione Marmo (presieduta da Nicola Marchetti) infatti riguardano il tema delle fosse demaniali, dislivelli di proprietà del demanio su cui l’amministrazione non ha potere per autorizzare l’escavazione.

La questione dei fossi demaniali era stata sollevata dalla Regione quando le vennero sottoposti i pabe dal comune di Carrara. «Cercheremo di capire- illustra la sindaca – se possiamo fare con regione e demanio un protocollo in cui il comune possa essere autorizzato a concedere l’autorizzazione di escavazione nelle fosse».

Spiega più precisamente la prima cittadina: «Abbiamo avviato già dall’anno scorso un piano di sdemanializzazione in regione e a dicembre è arrivata una comunicazione in cui si richiede il frazionamento dei fossi per poter fare sì che l’iter della sdemanializzazione possa procedere. Al momento – aggiunge Serena Arrighi – gli uffici sono oberati con scadenze imminenti per questo motivo ho fatto una verifica all’esterno su chi potesse fare questa operazione. I costi non sono banali – avverte la sindaca – si parla di circa 100 mila euro. Ci è stato detto e confermato due giorni fa inoltre, che il frazionamento è un passo obbligatorio, quindi non possiamo evitarlo». Ed è questa operazione di frazionamento che comporterebbe tempi lunghi tali da impensierire gli imprenditori del lapideo. Entro il 31 ottobre di quest’anno infatti gli uffici dovranno valutare tutti i progetti presentati secondo l’articolo 21 del regolamento degli agri marmiferi, stillare una graduatoria e procedere al rilascio delle concessioni in scadenza. Un lavoro immane a cui si aggiunge questa “complicazione ulteriore” commenta preoccupato Paolo Baldini di Confindustria uscendo dalla commissione Marmo, facendo notare la complessità di presentare, in vista della scadenza di ottobre, dei piani di coltivazione con in essere il limite dei fossi demaniali.

«Le fosse demaniali, che nel momento in cui verranno sdemanializzate passeranno al comune, non sono numerate sulla mappa, sono delle strisce di terreno che devono essere individuate e a cui dovrà essere assegnato un numero mappale – spiega in commissione Bruschi il frazionamento – non è una cosa semplice, è complicato e non è un lavoro che si risolve solo in qualche mese. Nel frattempo abbiamo ottenuto il parere preventivo della regione e adesso siamo in attesa del parere preventivo dell’autorità di bacino: su questa base e questi due pareri preventivi si potrà iniziare a spendere soldi pubblici per i 35 frazionamenti da fare».

«Cercheremo di accelerare i tempi- rassicura Serena Arrighi – Appena insediati abbiamo preso in mano la situazione e già nel luglio scorso ci siamo messi in contatto con il demanio regionale per sollecitare una soluzione – spiega Arrighi -. In questi mesi i colloqui con Firenze sono stati continui e proprio di recente dal demanio c’è stato comunicato l’obbligo da parte del comune di procedere al frazionamento dei terreni interessati. Si tratta di un passaggio propedeutico alla sdemanializzazione per il quale ci siamo già attivati contattando dei professionisti che possano portare avanti l’intero procedimento, ma si tratta in ogni caso di una operazione complessa che richiederà tempi lunghi e, di conseguenza, lo slittamento in avanti della risoluzione definitiva della questione. Siamo consci delle conseguenze che tutto ciò potrebbe avere sull’intero comparto e per questo è ora nostra intenzione provare ad aprire un’interlocuzione con la Regione per gestire assieme questa fase. Riteniamo, d’altronde, che il rimandare la sdemanializzazione possa significare anzitutto problemi per la sicurezza dei lavoratori, ma anche criticità sul lato ambientale visto che potrebbe costringere le cave a lavorazioni più disagevoli e sicuramente peggiori per quanto riguarda la resa. Quando si parla di marmo, d’altronde, sicurezza e ambiente sono due dei cardini che guidano la nostra azione amministrativa al pari delle ricadute occupazionali. Per questo motivo ci tengo a rassicurare il segretario generale della Cgil Nicola Del Vecchio sul fatto che la nostra amministrazione sia ben consapevole dell’importanza della filiera corta. Si tratta di un aspetto imprescindibile per il futuro non solo del settore lapideo, ma di tutto il nostro territorio e per questo ogni suo aspetto ritengo debba essere vagliato con particolare cura. Proprio per questo assieme agli uffici ci stiamo attivando, e ci attiveremo, per individuare gli strumenti più idonei per favorire lo sviluppo, il monitoraggio e la crescita della filiera».

Nel frattempo anche Confindustria si dice un po’ preoccupata. Commenta infatti Paolo Baldini a caldo, al termine della commissione: «Il lavoro che gli uffici dovranno portare a termine entro la scadenza del 31 ottobre 2023 è una grossa mole. Al momento sono impegnati nell’istruttoria per il periodo transitorio e i progetti dell’articolo 21: dovranno esaminare i progetti, fare la graduatoria, fare le convenzioni e poi dare le autorizzazioni. Adesso si aggiunge questa complicazione e sale la preoccupazione che entro questa data gli uffici non riescano a concludere tutto. La scadenza del 31 ottobre 2023 – che ricordiamo è prevista dalla legge regionale 35/2015 – comincia a diventare ancora più stretta».

Fonte: www.voceapuana.com