Il Brasile sta costruendo un grande e moderno complesso portuale per facilitare il commercio con l’Asia, il suo mercato principale, e avvantaggiare una serie di settori produttivi.
La struttura di 1.800 ettari, chiamata Porto Central, si trova nella città costiera di Presidente Kennedy, nello stato di Espirito Santo a sud-est, al confine con il vicino stato di Rio de Janeiro.
In un seminario organizzato martedì dal Consolato generale della Cina a Rio de Janeiro, il direttore generale di Porto Central, Jose Maria Novaes, ha invitato le compagnie cinesi ad aderire al progetto e utilizzare il porto, progettato per essere il più moderno del Sud America, quando aprirà alla fine del 2023.
“L’Asia, in particolare la Cina, è il principale partner commerciale del Brasile, e questo flusso di commercio internazionale, principalmente di materie prime dal Brasile all’Asia e di prodotti industrializzati dall’Asia al Brasile, richiede grandi navi” che pochi porti brasiliani possono ora ospitare, ha osservato Novaes.
“Ci sono pochi porti in Brasile in grado di caricare e scaricare le grandi navi del mondo. Questa è la differenza del progetto Porto Central: essere in grado di ricevere le navi più grandi del mondo, in ogni classe, in ogni terminal portuale”, ha detto.
Il porto sarà caratterizzato da una serie di terminali, un canale interno con una profondità dell’acqua in graduale diminuzione per le navi in navigazione e 13 banchine per le navi che trasportano liquidi, ha detto Novaes.
“È un porto industriale che consente acqua, energia e gas a prezzi competitivi, con terminali per l’esportazione di materie prime e semilavorati e con la flessibilità necessaria per soddisfare gli interessi degli sviluppatori di progetti”, ha aggiunto.
Il Segretario allo Sviluppo dello Stato dell’Espirito Santo, Marcos Kneip, ha detto ai partecipanti al seminario: “Porto Central sta diventando una realtà. È un complesso industriale portuale che servirà le società petrolifere e del gas, minerarie e agricole e sosterrà l’industria off-shore”.
Fonte: www.xinhuanet.com
