Toscana: Il marmo è in piedi

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Il distretto supera in piedi l’anno nero del Covid e rilancia su investimenti e rivoluzione digitale

Il marmo toscano tiene botta nell’anno nero della pandemia e pur archiviando il 2020 con una flessione a doppia cifra nei conti complessivi presidia i mercati di riferimento e punta ad un 2021 di consolidamento. Tra le aziende del distretto, nonostante le difficoltà, c’è voglia di crescere e investire: dopo l’Ipo di Franchi Umberto Marmi, sono in tante a guardare al mercato finanziario per reperire le risorse necessarie all’espansione in un settore ad alta intensità di capitale.

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Traccia il quadro Matteo Venturi, vicepresidente vicario di Confindustria Livorno-Massa Carrara: «In media nel 2020 le imprese del lapideo hanno perso il 20 per cento dei ricavi rispetto all’anno precedente, un andamento che ricalca le tonnellate di blocchi in meno estratte durante il lockdown: siamo passati da 867 mila tonnellate nel 2019 a 690 mila nel 2020 — spiega Venturi — Nonostante questo siamo soddisfatti perché lo scorso anno, all’inizio della pandemia, temevamo che il mercato potesse andare anche peggio di così. E siamo profondamente orgogliosi di aver mantenuto intatti i livelli occupazionali del settore: non è solo un’operazione dovuta al blocco dei licenziamenti, ma il nostro interesse strategico a salvaguardare una manodopera qualificata unica al mondo».

Già nel terzo trimestre dello scorso anno il settore lapideo ha iniziato un lieve recupero sui primi sei mesi, registrando però ancora una flessione complessiva del 28,8 per cento che in valori ha significato 293 milioni di ricavi rispetto ai 411 milioni dello stesso periodo del 2019. La diminuzione maggiore si è registrata nella componente dei materiali grezzi con un meno 42,7 per cento (contro una media italiana del meno 29 per cento) ed è ascrivibile in misura preponderante al mercato cinese che è sceso da 99 milioni di euro a 53. I lavorati hanno subito un calo del 19,2 per cento (media italiana meno 14,2 per cento), registrando la perdita più sensibile sul mercato statunitense (circa 15 milioni di euro in meno), su quello degli Emirati Arabi e del Kuwait, in parte compensata dall’aumento rilevato per l’Arabia Saudita che è passata da 7 a 20 milioni. Le stime per la chiusura dell’anno, dice Venturi, «sono attorno ad un meno 15 per cento rispetto ad un mercato che mediamente ha perso il 20 per cento: abbiamo tenuto e soprattutto quando le aziende chiuderanno i bilanci del 2020 ci saranno non poche sorprese perché in tante avranno numeri positivi, grazie agli investimenti in tecnologie digitali avviati nel biennio 2018-2019 che con l’esplosione della pandemia hanno dato i loro frutti».

Il mercato del marmo è tradizionalmente trainato dalle esportazioni perché serve il lusso di tutto il mondo: ha retto l’urto della crisi solo chi aveva già iniziato a puntare sui magazzini virtuali, le visite in azienda con Google Street View e addirittura su campionari digitali ottenuti sottoponendo i blocchi di marmo a scansioni che mostrano ai clienti collegati da remoto le caratteristiche dei blocchi simulando una valutazione in presenza della materia prima. Il marmo è un bene estremamente costoso e i blocchi possono sempre nascondere qualche imperfezione: per questo le visite agli stabilimenti da parte dei clienti cinesi, americani, indiani, arabi che vogliono letteralmente «toccare con mano» la merce per determinarne il valore sono sempre state considerate insostituibili. Fino all’anno 2020 quando le aziende maggiormente innovative sono riuscite a replicarle, almeno parzialmente, con strumenti digitali sofisticati: questa è stata la chiave per continuare a vendere, anche durante il lockdown, quando non si poteva cavare il marmo ma commercializzarlo sì. Nel 2020 il distretto del lapideo di Carrara ha cambiato pelle ancora una volta, lasciando agli operatori la sensazione di una svolta storica. All’inizio qui si vendevano semplicemente blocchi di marmo, poi si passò alla vendita delle lastre; dopo fu la volta della creazione degli showroom per accogliere i clienti lontano dalla polvere delle cave; adesso l’ultimo salto nella tecnologia immersiva che simula la realtà. «È l’ultima grande rivoluzione del mondo del marmo, comparabile a quella che avviò Bernardo Caprotti (patron di Esselunga, ndr) importando in Italia dagli Stati Uniti il modello della grande distribuzione organizzata, i supermercati che iniziarono a sostituire le botteghe nelle nostre città: da cavatori e produttori di materia prima oggi siamo diventati boutique tecnologiche di lusso aperte al mondo», spiega il vicepresidente di Confindustria Livorno-Massa Carrara. «L’ultimo trimestre dell’anno passato ha mostrato che il mercato cinese si sta riprendendo, mentre arrivano dagli Stati Uniti segnali di contrazione, come di una locomotiva che sta rallentando. Per il 2021 non ci aspettiamo grosse rivoluzioni, la nostra aspettativa è di conservazione rispetto ai risultati del 2020».

Resiliente rispetto all’onda d’urto della crisi, con diverse imprese che hanno sovraperformato il mercato e chiuso il 2020 con risultati migliori dell’anno precedente, il distretto del lapideo ha voglia di crescere e guardare avanti: «Ci sono molte aziende che stanno guardando con interesse al mercato dei capitali per reperire risorse da investire senza ricorrere unicamente alla leva del debito — conclude Venturi — La Borsa è una buona opzione per un settore che richiede ingenti capitali di rischio sia per avviare le nuove coltivazioni che per i macchinari necessari all’estrazione e alla lavorazione del marmo».

Fonte: corrierefiorentino.corriere.it